lunedì 22 agosto 2011

Il tango ritrovato. Un diario di viaggio nel tango di oggi, di Haim Burstin

Gli antropologi definiscono “osservazione partecipante” quel particolare metodo di indagine dove il ricercatore non si limita a studiare dall’esterno un particolare gruppo umano, ma ne diventa per un certo periodo parte attiva, ad esempio condividendone la vita quotidiana, i suoi rituali e le sue abitudini. Si tratta di un approccio fecondo che permesso di raccogliere dati di grande valore, con in più la possibilità di approfondire specifici risvolti psicologici e comportamentali altrimenti irraggiungibili.

Haim Burstin sembra aver avuto ben presente questo particolare concetto nella stesura de “Il tango ritrovato”, un testo che reca il non casuale sottotitolo “Un diario di viaggio nel tango di oggi”. Diciamolo subito a chiare lettere: non è un libro di facile e immediata classificazione. Non l’ennesima celebrazione di questa o quell’icona icona, perché l’autore manifesta rispetto per un passato illustre senza però averne soggezione, non un testo autobiografico, dato che l’esperienza diretta di chi scrive è solo uno dei tanti elementi che danno vita allo scritto; né un travaso di emozioni e sentimenti, giacché il testo si dipana con quel misurato distacco che è proprio dell’inchiesta e del reportage d’autore; né infine uno scritto apologetico o un invito a cimentarsi nella danza, perché le pagine sono anche un gustoso smascheramento dei tic, delle manie, delle piccole e grandi miserie che affliggono i frequentatori delle milongas.

L’autore ha così realizzato una sorta di guida informale al tango di oggi, così come viene percepito e praticato nel mondo contemporaneo. L’approccio è dunque solidamente pragmatico, il che permette di smarcarsi felicemente dal consueto repertorio di temi: niente divagazioni sul “sentimento triste che si balla” o celebrazioni dei fasti lontani dell’epoca d’oro né tanto meno ineffabili esercitazioni filologiche su cosa sia o non sia il vero tango.
Proprio quest’ultimo scivolosissimo aspetto è affrontato senza dogmatismo, seguendo un approccio ben collaudato nello studio dei fenomeni umani e dei processi comunicativi. Viene così identificato un minimo comune denominatore di elementi caratterizzanti, spesso presentati nel loro aspetto evolutivo con l‘appoggio di fonti e testimonianze.
Il metodo – si vede bene - è quello delle scienze sociali e lo stesso autore afferma esplicitamene che ballare il tango è un processo affine al linguaggio. I modi e le forme con cui esso viene praticato nonché le relazioni fra i vari soggetti possono quindi essere studiati e descritti sulla falsariga delle scienze a statuto debole, prima di tutte la sociologia della comunicazione e la psicologia, e solo in seconda istanza mediante il linguaggio dei sentimenti e delle emozioni che è invece proprio delle arti:

La musica non essere considerata infatti un elemento casuale, un semplice pretesto per ballare, ma è uno dei principali veicoli di comunicazione: se è del tutto evidente l’obbligo per l’uomo di stare nella musica – cosa spesso incredibilmente trascurata – è attraverso la musica che la donna si aspetta certi messaggi, li riceve e li decodifica […] Questa tecnica profondamente originale di comunicazione semi-istantanea nella coppia non è però condizione sufficiente; indispensabile è che abbia luogo tra uomo e donna un atto reciproco di fondamentale importanza: da parte dell’uomo una precisa assunzione di responsabilità, e da parte della donna la disponibilità ad accordare senza riserve la sua fiducia. […] Responsabilità significa un tacito impegno che l’uomo assume verso la donna io: “Io ti condurrò meglio che posso, purché tu mi dia fiducia”. E dare fiducia rappresenta per la donna una prova particolarmente impegnativa, come firmare in un certo senso un assegno in bianco. D’altronde, se una donna non è disposta a dare la sua fiducia sul non solo corporeo, ma anche psicologico ed emotivo, è del tutto inutile perfino iniziare a ballare.
Il libro presuppone quindi un doppio insieme di potenziali fruitori. Per chi ne osservi la scena dall’esterno, il testo offre una serie di brillanti chiavi di lettura utili a decodificare una serie di pratiche, comportamenti, rituali altrimenti misteriosi e indecifrabili. Una via per capirne il fascino e il potenziale di seduzione uscendo dai consueti luoghi comuni.
Per chi invece partecipa direttamente alla vita della milonga, il piacere sta nella raffinata autoironia con cui l’autore tratteggia situazioni, usanze ed atteggiamenti rappresentandone con grande efficacia tutti gli aspetti umani e psicologici, magari finendo per riconoscersi con indulgenza in questo o quel tipo umano.
La chiave del lavoro sta dunque in un continuo dialogo interno–esterno: l’autore è abbastanza dentro la danza da darne un ritratto molto attendibile sfruttando anche un notevole talento di osservatore, ma allo stesso tempo se ne tiene sufficientemente distaccato, così da vedere certi aspetti con la necessaria prospettiva. Il tutto rappresentato con un felice gusto del bozzetto applicato ad ambienti, persone e situazioni.

In tutto questo non c’è mai il compiacimento dello studioso occhialuto che propone dissertazioni puntigliose, ma nemmeno l’atteggiamento di chi vuole catechizzare il lettore con l’irritante certezza di possedere la verità in tasca. Semmai il fluire di una scrittura serena, tanto chiara quanto riccamente espressiva, uno stile posato che rende la lettura piacevolissima anche quando l’autore tocca argomenti controversi.
Non a caso le pagine più felici sono forse quelle che descrivono i difficili rapporti tra i partigiani del tango milonguero e i sostenitori del nuovo: passi in cui l’autore da prova di una grande serenità di giudizio, evidenziando con raffinato senso critico le sottili dinamiche che stanno alla base delle opposte posizioni, spesso collegandole con altri e più complessi fenomeni culturali. La controversia fra libertà è tradizione non è infatti un fenomeno attuale ma ha accompagnato il tango fin da tempi insospettabili, mentre la disputa fra “antichi” e “moderni” (come recita esplicitamente il titolo di un paragrafo) non fa che riproporre in chiave attuale delle contrapposizioni che si trovano in quasi tutte le espressioni umane.

Poscritto, 14 ottobre 2011. Il testo di questa recensione è stato commentato via e-mail dall’autore del volume: potete leggere le sue osservazioni in un post separato.

Cos’è piaciuto:
  • Capacità di evitare i soliti temi presentando in forma accessibile una grande ricchezza di contenuti; 
  •  Equilibrio critico, serenità di giudizio e talento di osservazione;
  •  Leggibilità e ricchezza espressiva.
Cosa non è piaciuto:
  • Nulla.
Il giudizio in una riga: Eccellente, da leggere e rileggere senza stancarsi.

La frase da ricordare: “Il tango non solo costa meno della psicanalisi ma è anche assai più divertente”

Scheda: Il tango ritrovato : un diario di viaggio nel tango di oggi / Haim Burstin - Roma : Donzelli, [2008] - VI, 164 p. : ill. ; 20 cm. - ISBN 978-88-603-6282-7 Euro 17,00


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1 commento:

  1. perfetto !grazie.l hoconsigliato amiasorella maggiore perchè sifaccia un idea è incuriosita ... ed entro ilsuo 21/11/11 sarà ilsuo 36mo complèè!!thanx doc.freeze!

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